Rafa Benitez. Quando è arrivato all’Inter quattro anni
fa, pareva una cotoletta impanata e fritta. Schiacciato da una pesante eredità,
ha fatto comunque quello che gli riesce meglio: alzare coppe come un salumiere
rifinito. A Napoli fa lo stesso eppure non basta a placare una fame sahariana e
alimentata da quotidiane inedie . E lui lì ad alzare coppe con ghigno feroce in faccia. Un cacciatore folle
Rafa Benitez. Iersera ha ucciso la zebra davanti a una folla immensa e in un
istante Doha e diventata Sua. Perché l’uomo è riuscito a trasformare la
Juventus: da società perfetta e universale a squadra arida e inquieta. Ma, cosa
più importante ha restituito al mondo il Napoli. Sempre pazzo, per
fortuna, ma capace per una sera, di una
tranquillità lucida e spietata.
E’ vero, ha vinto solo una Supercoppa
Italiana. Ma non meritava di perderla e
quando s’è trattato di vincerla l’ha vinta. Questo prodigio di dicembre,
comunque vada a finire il resto della stagione, ha il merito di Rafael Benitez,
uomo di difficile definizione. L’ho chiamato cacciatore ma è banale.
L’uomo ha invece lo stile e la grinta di
un comandante sudamericano, uno di quelli che riuniva una banda d’irregolari, e
la trasformavano in una formazione capace di vincere una guerra. Che Rafa
Guevara! Ma non diteglielo altrimenti oltre i baffi da Sergente Garcia si fa
crescere la barba e si compra un basco.
Quali le qualità del buon comandante?
Un buon comandante nella giungla del calcio
italiano, deve avere una preparazione, azzardo una parolaccia, una cultura
superiore alla media. I giocatori devono pensare che il capo sa le cose non si
limita a ripeterle, o a indovinarle. Deve possedere “carisma e sintomatico
mistero” per citare Battiato (che Rafa conosce, potete giurarci). Non deve
essere autoritario bensì autorevole: l’unico modo di imporre la propria
autorità.
Altre caratteristiche del comandante
Rafa? La sincerità verso il gruppo. Eccone due inequivocabili esempi. De Guzman
e Lopez. Quando son arrivati a Napoli, non ha steso tappeti rossi per loro due eppure
nel momento decisivo, considerando per loro la partita di iersera un’occasione irripetibile
per uscire dal cono d’ombra di un lucroso anonimato, contando sull’ ammontare delle
loro motivazioni li ha messi in campo lasciando in panchina i più talentuosi e
iperbolici Inler e Mertens.
Oggi tutti esaltano Higuain con Tevez e
Pogba gli unici pezzi pregiati di un campionato soporifero e comatoso. Come s’ingannano
ciechi profeti! La mimica bonacciona, l’adipe indolente, traggono in inganno. Molti
osservatori traditi dal falso vaticino del complice flash non capiscono che
quella che pare una zavorra fisiognomica è un accessorio spirituale. L’uomo
studia ossessivamente uomini, fatti e cose. In un Paese di geniali
improvvisatori è strano, sospetto, o tutte e due le cose.
Si Rafa è una maschera napoletana. Ma son
certo non la prenderebbe bene cominciando ad elencare fatturati diversi e
mancati acquisti. L’uomo argomenta con abilità, e il suo italiano e quasi più
efficace del suo amatissimo inglese. Eppure in Italia non l’hanno capito. In
estate voleva Skrtel eppure non ha minacciato il suicidio quando gli hanno
preso Koulibaly. Ha ribattuto colpo su colpo, con accorgimenti tattici molto
superiori alle effettive capacità tecniche dei suoi.
Da quando è arrivato in Italia, molti
gli sorridono convinti di fregarlo. Lui li soggioga con la sua spericolata
voglia di vincere. La determinazione sorridente di Rafa è così evidente che
diventa qualcos’altro: carattere. Una macedonia di egocentrismo e
disponibilità, passione e calcolo, incoscienza e memoria, clausura e teatro. Ha
iniettato la gagliardia spagnola nella resilienza italiana è il cocktail è stato
vincente.
I
rigori di ieri son stati uno schiaffo alla presunzione di chi, ha provato a
portarsi a letto la donna della vita spegnendo la luce prima dei necessari preliminari
in cortile. Ma è difficile arrivare in camera da letto se prima non apri la porta.
Quella schiusa appunto da Rafa Benitez attraverso
gli attributi di Higuain è murata mediante i guantoni di Rafael. Un altro di
quelli criticati eppur custoditi nella borsa ventricolare del tecnico spagnolo.
Chi è dunque Benitez?Che Guevara o Mary
Poppins? La risposta incredibile è tutte e due. Che Guevara con l’ombrellino o Mary
Poppins col mitra. Non c’è dubbio che l’uomo non si copre e fiero se ne va
mostrando la sua dorata bacheca.
Ma cos’è coprirsi nel calcio? Forse il
difensivismo peloso dentro il quale per decenni abbiamo nascosto le cattive
abitudini di tutti e i crimini di qualcuno?
Resterà Rafa? Non credo. Liverpool e una
famiglia solida lo aspettano. L’epilogo della stagione, qualunque sia fornirà
occasioni perfette per chi vuole partire.
Forse solo una campagna acquisti degna
di questo nome potrà frenare l’inevitabile dissidio: ma non credo ci sarà. E un
uomo vero se ne andrà da una merceria di gelidi manichini. Sarà un’uscita di
scena drammatica, secca, indimenticabile .
Proprio come quella di Che Guevara e
Mary Poppins.
Sparerà una mitragliatrice di sorrisi e
decollerà con un ombrello milionario: e i tifosi napoletani, a salutarlo con la
mano. Un’ascensione laica, l’unica consentita a uno spagnolo cattolico e
borghese.
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