martedì 23 dicembre 2014

Rafa Benitez : Che Guevara con l'ombrellino e Mary Poppins con il mitra



 Rafa Benitez. Quando è arrivato all’Inter quattro anni fa, pareva una cotoletta impanata e fritta. Schiacciato da una pesante eredità, ha fatto comunque quello che gli riesce meglio: alzare coppe come un salumiere rifinito. A Napoli fa lo stesso eppure non basta a placare una fame sahariana e alimentata da quotidiane inedie .   E lui lì ad alzare coppe con  ghigno feroce in faccia. Un cacciatore folle Rafa Benitez. Iersera ha ucciso la zebra davanti a una folla immensa e in un istante Doha e diventata Sua. Perché l’uomo è riuscito a trasformare la Juventus: da società perfetta e universale a squadra arida e inquieta. Ma, cosa più importante ha restituito al mondo il Napoli. Sempre pazzo, per fortuna,  ma capace per una sera, di una tranquillità lucida e spietata.

E’ vero, ha vinto solo una Supercoppa Italiana.  Ma non meritava di perderla e quando s’è trattato di vincerla l’ha vinta. Questo prodigio di dicembre, comunque vada a finire il resto della stagione, ha il merito di Rafael Benitez, uomo di difficile definizione. L’ho chiamato cacciatore ma è banale.

L’uomo ha invece lo stile e la grinta di un comandante sudamericano, uno di quelli che riuniva una banda d’irregolari, e la trasformavano in una formazione capace di vincere una guerra. Che Rafa Guevara! Ma non diteglielo altrimenti  oltre i baffi da Sergente Garcia si fa crescere la barba  e si compra un basco.

Quali le qualità del buon comandante?

Un buon comandante nella giungla del calcio italiano, deve avere una preparazione, azzardo una parolaccia, una cultura superiore alla media. I giocatori devono pensare che il capo sa le cose non si limita a ripeterle, o a indovinarle. Deve possedere “carisma e sintomatico mistero” per citare Battiato (che Rafa conosce, potete giurarci). Non deve essere autoritario bensì autorevole: l’unico modo di imporre la propria autorità.

Altre caratteristiche del comandante Rafa? La sincerità verso il gruppo. Eccone due inequivocabili esempi. De Guzman e Lopez. Quando son arrivati a Napoli, non ha steso tappeti rossi per loro due eppure nel momento decisivo, considerando per loro la partita di iersera un’occasione irripetibile per uscire dal cono d’ombra di un lucroso anonimato, contando sull’ ammontare delle loro motivazioni li ha messi in campo lasciando in panchina i più talentuosi e iperbolici Inler e Mertens.

Oggi tutti esaltano Higuain con Tevez e Pogba gli unici pezzi pregiati di un campionato soporifero e comatoso. Come s’ingannano ciechi profeti! La mimica bonacciona, l’adipe indolente, traggono in inganno. Molti osservatori traditi dal falso vaticino del complice flash non capiscono che quella che pare una zavorra fisiognomica è un accessorio spirituale. L’uomo studia ossessivamente uomini, fatti e cose. In un Paese di geniali improvvisatori è strano, sospetto, o tutte e due le cose.

Si Rafa è una maschera napoletana. Ma son certo non la prenderebbe bene cominciando ad elencare fatturati diversi e mancati acquisti. L’uomo argomenta con abilità, e il suo italiano e quasi più efficace del suo amatissimo inglese. Eppure in Italia non l’hanno capito. In estate voleva Skrtel eppure non ha minacciato il suicidio quando gli hanno preso Koulibaly. Ha ribattuto colpo su colpo, con accorgimenti tattici molto superiori alle effettive capacità tecniche dei suoi.

Da quando è arrivato in Italia, molti gli sorridono convinti di fregarlo. Lui li soggioga con la sua spericolata voglia di vincere. La determinazione sorridente di Rafa è così evidente che diventa qualcos’altro: carattere. Una macedonia di egocentrismo e disponibilità, passione e calcolo, incoscienza e memoria, clausura e teatro. Ha iniettato la gagliardia spagnola nella resilienza italiana è il cocktail è stato vincente.

 I rigori di ieri son stati uno schiaffo alla presunzione di chi, ha provato a portarsi a letto la donna della vita spegnendo la luce prima dei necessari preliminari in cortile. Ma è difficile arrivare in camera da letto  se prima non apri la porta.

Quella schiusa appunto da Rafa Benitez attraverso gli attributi di Higuain è murata mediante i guantoni di Rafael. Un altro di quelli criticati eppur custoditi nella borsa ventricolare del tecnico spagnolo.

Chi è dunque Benitez?Che Guevara o Mary Poppins? La risposta incredibile è tutte e due. Che Guevara con l’ombrellino o Mary Poppins col mitra. Non c’è dubbio che l’uomo non si copre e fiero se ne va mostrando la sua dorata bacheca.

Ma cos’è coprirsi nel calcio? Forse il difensivismo peloso dentro il quale per decenni abbiamo nascosto le cattive abitudini di tutti e i crimini di qualcuno?

Resterà Rafa? Non credo. Liverpool e una famiglia solida lo aspettano. L’epilogo della stagione, qualunque sia fornirà occasioni perfette per chi vuole partire.

Forse solo una campagna acquisti degna di questo nome potrà frenare l’inevitabile dissidio: ma non credo ci sarà. E un uomo vero se ne andrà da una merceria di gelidi manichini. Sarà un’uscita di scena drammatica, secca, indimenticabile .

Proprio come quella di Che Guevara e Mary Poppins.

Sparerà una mitragliatrice di sorrisi e decollerà con un ombrello milionario: e i tifosi napoletani, a salutarlo con la mano. Un’ascensione laica, l’unica consentita a uno spagnolo cattolico e borghese.

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