Un
vantaggio minimo non spiega un immane disavanzo. Quello esistente tra una
galattica fuoriserie e una dignitosa utilitaria ma racconta meglio di qualsiasi
altra cosa il senso di un’impresa.
Quella
di una Juventus tutta gambe e cuore che sfalda impietosa reclamizzati monumenti
e all’improvviso avvista mete inimmaginabili fino pochi mesi fa. Lo fa
nonostante un arbitraggio orbo, dieci euro in tasca, una riserva al centro.
Così
la Juve iersera ha riscritto la storia.
In
pochi pensavano che Alvaro Morata e Carlitos Tevez potessero sintonizzarsi così bene sulle
frequenze della rete avversaria quando Conte fuggiva, Evra titubava e Allegri
fremeva tutto cercando di turare lo sconcerto.
Alvaro
era una costosa promessa addolorata da un infortunio. Carlos il condottiero indomito di una truppa di colpo scompagnata. Il malinconico Allegri il
mastice di un duo che lavorando sodo iersera ha invecchiato in novanta minuti l’emblema di
un decennio: Cristiano Ronaldo apparso alquanto appassito sulla passerella
bianconera. Il gol una flebile gemma che non riabilita un parco quello spagnolo
costosissimo e farraginoso impalato bruto nelle denigranti comete di Sergio
Ramos. Orchidea casalinga di uno smorto vivaio, ha agevolato e affievolito l’ansia di debutto
di un encomiabile Sturaro schiudendo la strada verso il trionfo. Un successo
instradato da uno scudetto già conquistato e una finale di Coppa Italia
ormai prossima.
Ora,
vantaggio agli annali, basterà non sbracare.
Ma
una squadra che neppur nella sconfitta delira e nella vittoria gioisce composta,
non deraglierà punto.
Con
dieci euro un'analista non si paga e neppure una inattesa caduta.
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