Si
dice scudetto si legge Juventus. È così da quattro anni ormai. Ciò di cui non
si parla e non era possibile prevedere, e che la squadra bianconera dominasse
ancora. Ancora di più lo facesse attraverso un uomo distante anni luce dall’aura
predestinata e totemica di Antonio Conte andato via a ritiro in corso con aria
schifiltosa e rabbuiata ancora prima di verificare se il frutto bianconero
fosse andato davvero al macero.
Non
lo era evidentemente. Miglior anatomista per la Juve non poteva esserci di Massimiliano
Allegri. Colui il quale era stato messo al bando come pietra dello scandalo da
Silvio Berlusconi e figli mesi prima e pur con la sua aria svagata e sbarazzina,
è riuscito a ridare smalto e senso ad un ingranaggio che tre anni di Conte
sembravano aver esaurito e spossato.
Invece
no. Allegri è stato capace prima di assecondare il passato (3- 5 – 2), poi di indirizzare
il futuro (4 – 3- 1-2). Quello che tutti i capi dovrebbero fare e spesso non
riescono a capire.
Perché
se Tevez brilla, Morata stupisce, Pirlo impressiona, e perché Allegri ha saputo
farli rendere al meglio e soprattutto mettersi in gioco. Non era facile. Non era
facile per lui che in conferenza stampa sembra esser lì per forza e caso, come
se i suoi bisbigli abitassero un pianeta altro rispetto alle parole forti e i
titoli ad effetto. Molti lo ammirano, in tanti ne diffidano. Una velata
sfiducia che una carriera da fantasista discontinuo e lunatico non ha aiutato. In
mezzo ad un campo abitato da muratori e impiegati di concetto, lui era un
giocoliere tutto tocchi e tacchi . Una sciccheria difficile in un salotto
complicato come quello della serie A anni Ottanta, dalla quale Massimiliano è
dovuto sloggiar presto col marchio di una dolce promessa non mantenuta. Un’etichetta
che Allegri una volta diventato allenatore, ha trasformato in voglia di
riscatto e vendetta. Violentando se
stesso, e convincendo Tevez a non imitarlo. A quarantotto anni, Massimiliano da
Livorno, ha messo la testa a posto e il talento al servizio di una squadra che
senza sferza poteva liquefarsi in pennellate sciatte e senza vigore.
Non
è stato così.
Tevez,
Pogba, Marchisio, Vidal non son tipi facili. Buffon, Barzagli, Bonucci, Chielllini han
bisogno di delicatezze e attenzioni. La
Juventus è un pianeta centenario. L'alieno Massimiliano Allegri poteva intimidirsi.
Non è stato così
Non è così quando si può contare su reattori quali Lichtsteiner ed Evra, e riserve come Padoin e Llorente. Ingredienti miscelati dal toscano Max con pazienza e tranquillità, onestà e sagacia.
Tutto nel rispetto delle
regole del calcio e della società civile. Particolare non da poco, chiavi
inglesi in mano ed orrori da stadio negli
occhi.
Perche scudetto in bacheca, trionfo
a parte fa bene dirlo: Massimiliano
Allegri è una
sfida mite al mondo esagitato e stizzito del pallone. Un’aria che sconcerta la sua. Un garbo triste,
come un poeta che si scusa, se parlando, gli è scappata una rima.
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