giovedì 21 maggio 2015

La TV non è Divina



Chi esercita più potere, ora nel mondo, tra la letteratura e la televisione?

Chi è più seguito, ascoltato, temuto, emulato, desiderato, citato, tra lo scatolone catodico e il sommo cuore della vita umana?

E perché, già che ci siamo con le domande, l'incrocio tra due entità così diffuse e spettacolari spesso non riesce, quando avviene all'interno di una trasmissione tv?

Rispondere non è facile, e ci mancherebbe. Piuttosto, si può abbozzare un ragionamento seguendo il mercoledì su Raiuno, alle 23,30 "Tutto Dante", dove lo showman Roberto Benigni, classe 1952, aretino, ogni settimana propone un canto della Divina Commedia.

Nulla di particolarmente creativo, o innovativo, se si considera l'aspetto tecnico dell'esposizione di un testo alto rapportato alle vicende quotidiane di chi l’ascolta narrare; questo, si sa, è il segreto molto di pulcinella della divulgazione tutta, sia essa scientifica, letteraria o ciò che più vi aggrada.

Ma il lato più piacevole, del sommo Benigni e del suo approccio alla "Divina commedia", è la sincera immedesimazione tra il proprio spirito di terrestre fragile e l'umanissimo viaggio di Dante dalle fogne degli inferi fino alla luce paradisiaca.

Non c'è sovrastruttura intellettuale, in altre parole, nei reading di Benigni, e neppure smania di protagonismo, ma la convinzione che davvero ragionare su Dante Alighieri possa aiutare i giovani in questi anni feroci, privi di appigli per una rinascita degna di questo nome.

Il che, in teoria, potrebbe essere ottimo propellente per una trasmissione come "Tutto Dante" che tratta di poesia, e quindi per esteso di amore e comprensione in generale.

E invece no: il viaggio spirituale verso la meraviglia divina, in questo caso, non porta a destinazione. Anzi, per chi già non cova solida devozione, è una buona scusa per svicolare altrove.

Colpa, sia chiaro, non tanto del meritorio Benigni, -del quale non è qui necessario cantar lodi, quanto sul difetto cardine che macchia gli spazi tv dove l'azionista di maggioranza è la letteratura, o perlomeno come nel caso della Divina Commedia, la verità rivelata di una bellezza indomita ed eterna.

Per converso, a tanto manifesto sfolgorio mal corrisponde l'aria triste e claustrofobica di un’impervia collocazione  notturna molto più vicina alle  novene  di certe vecchie parrocchie, dove  (parola di testimone), aldilà dei nobili intenti manca un po'  evidente brillantezza, un po' di brio  passionale da intervallare a chiari segni  di sopore.



Insomma: volete fare televisione, e volete farla in nome dell’Alighieri  su una rete generalista? Ottimo, e interessante pure: però fatela sul serio, cavalcando le regole -e le opportunità- del mezzo ad un orario più cristiano e centrale .

Altrimenti anche i buoni spunti, vedi le pop - lezioni del sommo Benigni diventano il simbolo delle occasioni sprecate.


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