Al
netto di rimbombanti indici d’ascolto, la coppia De Filippi – Saviano è
matrigna d’ibridi afflati tra la ripulsa automatica dell’orrido antropico e l’artico
alloggiare del talento populistico dove tutto è amabile all’uncinare di un
punto di share fino all’appiattimento d’uomini e cose stelle filanti
indifferenti al peso di un distinguo.
Non c'è
crasi tra realtà e talent, tra il dolore effettivo degli ultimi e il televoto virtuale
dei primi (in classifica):
Compresso
nel gioco del mezzo televisivo, anche il vero riluce al meglio.
E pazienza se
tocca sopportare la boria di uno, e le zazzere
di un altro. Tolleranza verso i brufoli impazziti di un’inquadratura e gli
ormoni agitati della platea: giunge il monsone Saviano è tutto si fa solenne, straziante,
serio. Una misura invero incontinente. Non proprio il trionfo del
buono, del solidale, del sentimento puro che alloggia nel cuore.
Piuttosto
l'arte agile e moderna di elaborare un lutto:
quello
prodotto negli italiani dal vuoto delle speranze, e dell'illusione ormai tronca
di una dignità sociale.
Inquietudini
curate, settimana dopo settimana dalle sponsali tra Maria e Roberto:
l'unione tra
star che assieme fanno un
universo pop scaltro
nell'accarezzare le umane debolezze, molto meno capace di impadronirsi di un qualsiasi futuro.
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