Javier Zanetti e' piu' vecchio di Matteo Renzi di un anno e mezzo. Quarantuno anni ad agosto, una moglie bionda, tre figli, stessa squadra per diciannove anni e 857 partite. L'ultima ieri sera. Un secondo tempo che equivale ad un'altra vita in una partita quella contro la Lazio che e' stato il sunto ideale di una straordinaria cavalcata nella storia di un'anima quella nerazzurra che neanche Ambrogio Bazzero che pure una l'ha scritta (nel 1885), avrebbe potuto solo concepire.
Subito in svantaggio grazie ad un gol di un altro irriducibile del cuoio a scacchi, (Giuseppe Biava), l'Inter s'e' rianimata con il Cavani nerazzurro (Palacio), il Crespo del futuro (Icardi), il Profeta del presente (Hernanes).
Tanto spettacolo per agguantare un misero posto in Coppa Uefa. Il purgatorio d' Europa in attesa la grana indonesiana, schiuda altri paradisi.
Giusto lasciare da dove s'era iniziato. Zanetti era giunto all'ombra della Madunina, con una busta del supermercato in mano e due giornalisti al seguito. Poi s'e'piazzato sulla fascia e' non l'ha piu' lasciata diventando l'incubo delle aree avversarie e il terrore dei suoi possibili discendenti (Macellari, Milanese, Brechet, Gilberto). Alcuni di loro non si son piu' ripresi e han preferito dedicarsi ad altro (Centofanti a Striscia la notizia).
Alieno dallo psicodramma interista Zanetti, avrebbe potuto giocare altri dieci anni e' avrebbe fatto lo stesso la sua bella figura. Le sue gambe possenti han conosciuto pochi infortuni (due ) e stanno al campo da calcio come quelle di Bolt alla pista d'atletica. Ieri s'e l'e' fatta pure lui una pista. Quella di San Siro per andare a salutare i suoi tifosi in osannante delirio. Giusto farlo quando se ne va una pietra angolare del nostro pallone impegnato a diramare controversie, stabilire dinamiche, piantonare carogne.
Javier Zanetti non e' stata una bandiera. Quelle vanno dove spira il vento (Mancini alla Lazio), e spunta la grana (Batistuta all' Al Arabi ) tanto per far dei cognomi ed affermare che in mezzo alle treccine bicolori di West, gli eccessi alcolici di Adriano, e le equivoche tendenze di Vampeta, Zanetti e' stato un esempio di semplicita' tattica e fedelta' sportiva. Chiamato alla Pinetina per correre, ha corso per diciannove anni, nutrendo un trattore nei suoi quadricipiti. Un bel ritorno al passato per chi oggi promuove il cambiamento in autobus e redige leggi all'agriturismo. Scorciatoie che svelano la pigrizia di molti, ed evidenziano ancora di piu' la professionalita ' di Javier Zanetti. L'argentino, giunto alla Pinetina il 13 maggio del 1995 agli albori dell'era Moratti quando l'Inter perdeva piu' del dovuto, se ne va con la bacheca piena e gli occhi satolli di vittoria.
Per altri non e' stato e' non e' cosi'.
Prendete Del Piero. Mandato via dagli Agnelli solo perche' era il migliore e non faceva nulla per nasconderlo.
Guardate Totti. Il miglior giocatore degli ultimi vent'anni. Il primo falso nueve della storia del calcio italiano prima che Guardiola insegnasse a tutti noi e al mondo intero che si poteva far caterve di gol arrivando in porta col passo lento di un bradipo innamorato.
Ammettiamolo, in altre squadre e altri paesi il Pupone avrebbe guadagnato di piu' e sofferto molto meno. Il culto popolare, lo ha sorretto e intrappolato nelle spire suadenti di un amore cinematografico ma non gli ha dato la possibilita' di mostrarsi davvero se non per accecanti bagliori che fanno brillare l'argenteria in soggiorno la domenica, ma non lustrano i pavimenti e non puliscono la doccia il resto della settimana.
Cuore da macchina da presa, baci da Chi, nozze da SKy, un probabile futuro da prezzemolino televisivo, alle prese con un difficile ritiro, ha bisogno del campo per sentire il battito del suo cuore piu' che l'acclamazione dei tifosi. In queste condizioni complicato pensare al commiato, dire addio. Il rischio di deprimersi e' sempre in agguato e un'altro Di Bartolomei e ' assurdo concepirlo.
Eppure i campioni si valutano anche dal loro passo d'addio. Non puo' esser prematuro, (Van Basten), ma non puo' esser ritardato (Zanetti appunto). Dev'esser elegante ed epico, commovente ma non pietoso.
Ieri Zanetti ha lasciato la compagnia dopo averla staccata per 857 volte.
Totti e del Piero invece, stanno ancora li. Come vecchi alpinisti, incatenati alle loro magiche asperita' , chiudono gli occhi sognando altre vette.
Crono, per favore, non li svegli,
Nessun commento:
Posta un commento