sabato 13 febbraio 2016

La quarta serata del Festival di Sanremo e...Basta!

L'inerzia della mano distesa avviluppa il silenzio e il freddo è il mio sentire in questo giorno torbido.

I rampicanti sulla ringhiera avanzano con la stessa indolenza, s
tanchi,   digitando una parola a questo punto inevitabile:
Basta.
Basta con questa  ritorta maratona di motivi  di investimento discografico.
Basta con la bronzea cortesia di Carlo Conti a dispetto della mordace ironia della  Gialappa's Band,relegati con il loro illuminante  Dopofestival,  a ore di sconcezze intime.
Assurda castrazione dell’unico seme innovativo di  questo vetusto  lupanare ostile al presente misfatto .
Molto  meglio assecondare la morale comune e disseminare speranze (comunque  vane e presto tradite ), premiando tra i “giovani “  tale Francesco Gabbani uno strano incrocio tra un Massimo Lopez rivedibile e scorretto  e  un Davide Devenuto più dinamico e espressivo  (per informazioni rivolgersi e magari vedere “Un posto al sole”) cantante un inattuale e per niente salvifico  “ Amen “. Nenia attinente forse  al corso giubilare non  al tempo in questione. Rimpicciolito   mesto , questo, al buco della serratura da dove ammiccare  arrrapati verso una Madalina  Ghenea sempre più arresa al ruolo di svestita grazia ammaliatrice di una miseranda carovana di scriteriati luoghi comuni crocifiggenti stavolta,  padri prossimi e venturi.
Una nota stonata comunque incastonata in un tripudio di luci basse e serie imprigionanti i pruni spinosi di una esperienza difficile  : riascoltare in fila indefessa e scalettata tutte le canzoni dei (presunti) Big. Tutte. Come non si sapesse, non esser loro le reali protagoniste di questa messinscena invernale utile solo a penetrare e riconoscere la pigrizia e la banalitudine di menti autoriali arrese al pollice sbadiglio di una memoria di plastica.
Lungimirante e autentica in questo mondo artificiale l’ennesima metamorfosi degli Elii commentata malinconicamente da un salvabile (vi prego) Neffa schiudenti il cuore paterno (questo sì altro che Brignano) degli Stadio e l’anima tutta di un Festival inconsistente e una serata moscia a nulla attizzata da una Virginia Raffaele andante ma non troppo nella sua ormai consueta trasposizione Belenesca manifesto evidente semmai di una televisione sempre più condotta alla replica sconfinata di se stessa sfondando anche le palme roride di un’Elisa emozionata e splendente nell’empireo triste e alterato di Sanremo.
Una favola odiosa come canta il bravissimo Ermal Meta solo terzo iersera (ma perché?)
Erroneo trascinarla atroce per cinque lunghissimi giorni.  Basta .


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