Mi sto accorgendo che le parole stanno diventando per me, brune foglie di fico che sublimano di meraviglia gli insopportabili silenzi che assordano il mio spazio.
Come se in qualche modo, avessi accettato il mio destino di piastrellatore di parole utili a ricoprire nudi solchi d'ancestrali assenze che l'infanzia ha edificato e ancora offuscano la mia vista.
So bene che concentrare ogni sforzo sulle sinusoidi epidermiche di Raffaella Fico sarebbe meglio.
Ma s'ergono su una virtu' farlocca e prosperano di una fatuita' sudata che di certo non mi allontana ma nemmeno mi interessa.
Non sono Mario Balotelli purtroppo.
Semmai uno sballottato dalla sorte come tanti alla deriva di un tempo ingovernabile e schizofrenico.
Con le parole metto un freno a scorciatoie che non capisco e quasi mai imbocco per paura di non esser onesto con me stesso.
Nulla mi impedisce di essere dopotutto. E' solo piu' difficile.
Nelle parole riconosco il riflesso di quel che sono e tosto mi seguo.
Non arrivero' alla Fico questo e' certo.
Ma di certo non mastichero' amaro per non aver provato a seguire gli echi urlanti della Babele dei miei pensieri .
Sento che il mio futuro e' li' e queste linee nere non son altro che squillanti larve del ronzio che e' dentro di me e agogna di trovare il suo alveare.
Che non sara' quello della Fico ma nemmeno quello di uno scorfano.
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