A rischio d'esser impopolare ve lo dico subito: non son contento della vittoria di Sorrentino agli Oscar. Questo perche' in Italia le vittorie non son mai produttive. Diventano perlopiu' parei dove nascondere pruriginosita' e imperfezioni che la nostra latente inclinazione al patrio autoreferenzialismo d'accatto trasforma subito in comodi davanzali da dove bearsi dei propri gioielli di famiglia senza rendersi conto che in realta’ non son altro che avari fondi di bottiglia.
Se cosi e'questo film e’ l’esposizione assortita e variegata dei nostri umorali intestini intessuta di tutta la mercanzia del sentimento disponibile sul mercato utile a trainare tutto il teatro umano del mondo : l'amore, l'erotismo, l'avventura, le risate, la perdita, il dolore: la Grande bellezza contiene tutti gli ingredienti che cerchiamo in un film . Il tutto senza misteri ne ritrosie ma anzi con un'immediatezza esagitata, stordente, sfiancante. Come se i nostri pregi e i nostri difetti si moltiplicassero a dismisura e la pellicola li srotolasse ad uno ad uno senza edulcorati pietismi e freni inibitori.
Vedere il film di Sorrentino è come entrare in una gelateria e affondare la mano nuda nella vaschetta del pistacchio. Salvo poi, con stupore e sospetto, accorgersi che la temperatura del gelato è bollente.
Come gli anni che racconta, rutilanti,borbottanti , sconci.
Come quelli di una generazione in bilico tra l’essere e l’apparire, l’esserci e il comparire per poi perdersi in un fastidioso e fastoso, ottuso rappresentare.
Se l’arte e’rappresentazione delle umane miserie, il film centra bene l’obiettivo.
E’ pur vero, pero’ che non bisogna compatirsi come il film, attraverso l’eccezionale maschera di Toni Servillo rischia di fare.
L’Italia all’ultima spiaggia di Matteo Renzi non ha bisogno di foglie di fico. Ha gia' avuto Silvio Berlusconi a fargli da assorbente compiacente per vent'anni.
Ora basta.
A quelle, ci pensa gia' Raffaella.
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