sabato 7 marzo 2015

Cinquanta sfumature di grigio: carta carbone di di un accomodato misticismo provvisto di barche audaci e potenti elicotteri



Sfumatura. Una parola ammiccante, sospesa, tendenziosa. Chi la usa vorrebbe far intendere   trascinare dentro di sè chissà quali inferni e paturnie. Spesso solo carta  carbone di un accomodato misticismo provvisto di barche audaci e potenti elicotteri.  Quel che ci vuole per stimolare le secrezioni vaginali di donne timorate e curiose. Quanto basta per trasformarle in puttanelle vogliose di scoprirsi, divertirsi, e varcare la nobile frontiera delle scarpe col tacco. Ambizioni di una poppante della vita guidate da un trapano elettrico.

Questo è l’ambito Mr. Grey. Un copulatore seriale perennemente sdraiato sulle proprie miserie. Aggirate intonse da sfrenate circumnavigazioni marittime e disinvolte transvolate oceaniche. Non abbastanza per giustificare tanto clamore e attesa in verità. Irriverente poi, il paragone con Pretty Woman. Quella diretta da Garry Marshall nel 1990 era una favola romantica all’insegna della reciproca conversione e progressiva identificazione del proprio Sé nell’Altro, questa una melensa contrapposizione di grigi oscuranti qualsiasi piena condivisione di un sentimento. E’ a nulla vale aggrottar le ciglia agitando lo stiracchiato pretesto di un oscuro passato malmenando Chopin.



Più che un film trottolino amoroso a sfondo drammatico, infatti, Cinquanta sfumature di grigio, è una pellicola comica. Guardandola non ho potuto non pensare al Loris Batacchi del film  Fantozzi subisce ancora del 1983 interpretato da un dissoluto ed esilarante Andrea Roncato.  Non sto scherzando. Perché aldilà delle luci glamour e la colonna sonora fashion , questo film non è altro che la sublimazione delle fantasie carnali di una qualunque signora Pina esistente sul globo terraqueo. Con quella ostinata esasperazione di Mr. Grey di erodere i confini del possibile mal compensata dall’assorbente interno della protagonista Anastasia. Sempre uguale, identica, e fedele a se stessa nel ruolo di vittima delle proprie mancanze. Priva di un realistico contraltare tematico, i personaggi si sbattono di riflesso.  Come silenziosi  pesci nella  rete di un venerdì di  quaresima.

Un automatismo difficile da accettare in una situazione  socio - culturale dove nonostante Samantha Cristoforetti sia andata a indurirsi i capezzoli nello spazio, le donne fanno ancora fatica a legittimarsi sulla Terra con le ovaie depresse da uomini  usuranti e ossessivi.

Una sculacciata non le aiuterà. Cinquanta sfumature di grigio nemmeno.

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