La maglia azzurra non è un tacchino ripieno sia
chiaro. E spezie esotiche non ingentiliscono la misera scodella del calcio
italiano.
Costretto a flettersi sulle ginocchia
delle sue infamità figlie di falle intense, l’Italia si rivolge altrove
reclutando gente alla spicciolata ignorando i valori interni.
Accade nel mondo flessibile del vivere
quotidiano. Succede nel planisfero azzurro di uomini dorati.
Bronzi d’affinata grazia, su un pianeta
in rosso . Moro di stallo tanto da
abdicare da solo alla sua funzione un tempo, catartica e stupefacente oggi ridotta a statica facciata a dirla tutta
neanche tanto bella.
Il buon gusto e il
rispetto, per quanto ancora possa interessare il tema, faticano a sopravvivere
quando le regole sono truccate, sporche, costruite ad arte per trasformare una
maglia gloriosa in pattumiera rovesciata addosso a gente che è colpevole solo
di madido abbandono.
Qui non si tratta
di critica sportiva o amenità spettacolari da salottino del lunedì pomeriggio.
Qui si racconta di
come, con cancerogena crudeltà, una pletora di stranieri ipertatuati subisce un
format basato sulla nostra umiliazione, costruita con perseveranza e malizia
degne di un poker con i bari al tavolo.
Contenitore di
questa macchina dell'insulto è "l’Italia” di oggi, dove una ciurma di
giovanotti dell'Italia pallonara comune, smaniosa di infilarsi nella notorietà
calcistica, si attacca al corrimano d’Italia per tappare fredde penurie.
Obliando ogni responsabilità difensiva, l’area di rigore italiana è oggi popolata da figurine, la quale dopo un paio di
dribbling riusciti (Vasquez), e qualche diagonale vincente (Eder), si
scaraventa contro l’Europa per vedere
l'effetto che fa.
Comunque vada,
qualunque sia l'impatto e la situazione, il risultato è l'avvilimento delle
risorse interne, prostrate davanti al totem della loro inadeguatezza.
Non basterà un Conte a rendere il tutto
più nobile. È la scena-oscena di un impoverimento vitamininizzato che tenta di
insegnare le buone maniere ai suoi amici di strada. È il contrasto -cercato e
trovato- tra il mondo antico più noioso e tradizionale, e quello della forzata
integrazione elevata a dogma.
Alla fine, spente le luci, sciolto il clamore, resta la
sensazione di trovarsi al cospetto di
un
abuso etnico. A una violenza, comunque, non giustificata dalla soddisfazione
dei protagonisti stessi.
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