domenica 6 febbraio 2011

Collanine

Le persone più sole e strane le ho sempre viste alla stazione, in attesa di prendere un treno che le porti lontano da tutti o vicino a qualcuno di importante.
Vanno avanti e indietro e  non si fermano mai, fumano o ascoltano musica con lo sguardo perso in lontananza, stanno seduti su scomode panchine di marmo: alle volte aspettare un treno è un’esperienza di vita che ti lascia un segno indelebile.
Te li vedi accanto questi relitti umani devastati da troppo lavoro, troppo alcool,troppa solitudine,troppo studio,troppo fumo,troppo cibo,troppa vita e non sai come comportarti: il barbone,lo zingaro che ti chiede soldi,la casalinga disperata,la studentessa modello,il militare,il marocchino e le sue collanine,la badante rumena.
E quando il treno parte e il paesaggio comincia a scorrere veloce,allora la metafora della vita diventa concreta: da bambino qual’ero mi ritrovo adulto a viaggiare su carrozze sporche e circondato da gente che non conosco e che non rivedrò mai più, impaurito dal futuro e felice del presente, guardo il mare che si fonde con gli alberi in un miscuglio di azzurro e verde, le montagne sembrano toccare il cielo e tutto sembra magico e irreale.
Poi d’improvviso l’incanto sparisce quando arrivo a destinazione e il marocchino carico di collanine mi chiede se quel paese era S…., io gli rispondo di no e per consolarlo mi propongo di offrirgli un caffè.
Come due vecchi compari – io con la mia valigia rossa e lui con le sue scatole di banane chiquita strapiene di cianfrusaglie  – ci avviammo verso quel bar che risulta essere,a detta di molti, uno dei peggiori della Calabria.

1 commento:

  1. mi è sembrato di riviverle, queste scene..è poetico, anche se drammatico.Le stazioni sono la frontiera del mondo come riva segna il confine tra la terra e il mare..

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