lunedì 25 aprile 2011

Il falò delle festività


Oggi 25 aprile è il giorno della liberazione italiana dalla barbarie tedesca.
Quando ero piccolo questo giorno, era celebrato con tutti gli onori: banda paesana, fiocchi cittadini, cappelli d’alto bordo e trucchi ambigui.
Oggi non ci sono più crucci teutonici tra i piedi. In compenso abbiamo altro per la testa. E’ il lunedì di Pasqua, infatti. Qualcuno di voi starà già pensando alla gita fuori porta di domani. Bene. Avete scelto la località, imbottito i panini, chiuso gli zaini, scaldato la macchina, ma non avete ancora pensato a cosa farne. Di cosa?
Ma dei biglietti d’auguri è chiaro. Molti ve li hanno taggati su Facebook (lo so: l’hanno fatto a me).
Ma qualcuno si è preso la briga di spedirveli anche.
Il mio amico Holden si chiedeva dove andassero a finire le anatre del Central Park. Io mi chiedo (vi domando), dove vanno i biglietti d’auguri quando non c’è più nulla d’augurare?
I biglietti d’auguri non hanno la mefistofelica capacità di fuggire da noi e ricomparire all'improvviso come le penne. S’ammonticchiano pigri sul ripiano destro della credenza anno dopo anno costituendo una minaccia stucchevole di cui è difficile liberarsi.
Un tempo c’era il focolare che garantiva una fine veloce e indolore. Ma oggi non tutti hanno il focolare. Ci sono i termosifoni i quali però non assicurano gli stessi celeri effetti.
A meno che non si sia dotati di una pazienza conventuale e vi piaccia alla follia il color bronzeo di una moltitudine di cartoncini filigranati lasciati ad abbrustolire per un’annata intera su un termosifone dolente.
Cosa farne quindi? Se non potete gettarli nella spazzatura oppure differenziarli negli appositi bidoni prendeteli e osservateli. Parlateci anche e ascoltateli bene. Vi racconteranno storie portentose.
Badate bene: la mia personale ripulsa va a quelli che non cercano l’augurio nel cuore, ma lo trovano in cartoleria. Al massimo i mittenti badano a marchiare l’infamia con un caratteristico segno di riconoscimento. Chi invia, infatti, non rinuncia mai a se stesso. Ognuno crede d’esser fantasioso e originale, e non perde occasione di ricordarlo a tutti.
Dieci anni d’esperienza augurale e affettazione festiva, mi hanno consentito di farmi una robusta cultura sul tema. Bene, mi sembra giunto il tempo di metterla in pratica.
In testa alla mia personale classifica di disgusto ci sono gli Sgorbiatori.
Tipi curiosi, questi ultimi.
Sono di solito uomini realizzati e a modo talmente soddisfatti di loro stessi da non curarsi affatto della salute psichica del destinatario che è costretto ad effettuare una perizia calligrafica per decifrare lo sgorbio del mittente.
Al secondo posto ci sono gli Apprendisti Fotografi.
Uomini anche loro, hanno superato i quarant’anni e hanno un problema: non sanno come passare il tempo. Hanno vinto chissà come una macchina fotografica e ora non possono non usarla costringendo la propria famiglia ad una vita sempre sotto l’obiettivo . Ma la sua vita è incerta e la felicità lo premia solo a momenti. Per costatarlo vi prego di osservare i capelli grigi di lui e la faccia stravolta di lei.
Al terzo posto vi sono i MVI. Non fanno parte di un comitato di difesa del latino nelle scuole. Giammai.
Sto parlando di quelli che dipendono dalle Marche Veramente Importanti.
Donne soprattutto che non vogliono rovinare il cartoncino firmato e fanno di tutto perché si noti senza accorgersi che le loro amiche hanno fatto altrettanto.
Al quarto posto ci sono gli Enigmisti che spediscono biglietti criptici e sinistri.
Al quinto posto ci sono i Risparmiatori così avari di calore e sentimenti da far stampare sul cartoncino persino la propria firma.
Al sesto posto ci sono i Raddoppiatori. Essi non si limitano ad un solo onesto biglietto d’auguri. Allegano anche un microscopico bigliettino da visita che poi finisce irrimediabilmente per smarrirsi nella busta.
Al settimo posto della mia personale classifica di disgusto, al primo di quella dell’ipocrisia, sono i Commossi Temporali quelli che v’ignorano tutto l’anno poi, scoprono improvvisamente di non poter vivere senza di voi.
Suoneranno un tardo pomeriggio di Pasqua alla vostra porta dopo vent'anni chiedendovi il permesso di entrare nelle vostre case, e rientrare nelle vostre vite. Voi sfondatevi di colomba e non aprite mi raccomando. Poi fate un bel falò se credete.
Non sarà un metodo del tutto pacifico, ma contribuirà ad addolcirvi lo stomaco e a incenerire la falsità umana.

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