domenica 8 febbraio 2015

Carlo Cracco: cometa spenta di un universo clinicamente morto



L’approdo di Carlo Cracco in seno al Biscione al capezzale di una madre piangente e figlie amorevoli al seguito, andato in secca iersera a C’è posta per te all’improvviso indebolisce un frappo un personaggio che credevo più forte, e di fatto da ieri diventa un contorno televisivo che, passato l’effetto novità, fa di  lui un personaggio visto e rivisto che non migliora con il passare delle stagioni. Un dozzinale sformato in mezzo ai broccoli riscaldati del tubo catodico. Un mappazzone che punta su personaggi surreali e urticanti che piangono e si colpevolizzano anche se vedono  la propria ombra. Logorroiche  piagnone  che si flagellano al primo alito di un vento contrario.  In tutto questo Carlo Cracco fino a ieri rappresentava la schiena dritta di un popolo sciolto, confezionato per creare, momento dopo momento, l’attrito col potere costituito. Un attrito che, da tradizione del Paese in alcuni casi va oltre le righe e la tentazione di uscire dai margini di un buon impiattamento è forte quanto lo schianto di un sogno in frantumi. Quello d’avere un punto di riferimento certo nella miriade di segni contrastanti del vivere. Ieri Carlo Cracco è morto. Rinunciando al suo occhio assassino di speranze al dente, riciclandosi in un Mike Bongiorno all’amatriciana,  ha prestato il fianco a una pietanza davvero indigesta.





 Se è vero che Carlo Cracco è stato una novità televisiva è anche vero che sta dimostrando di essere un prodotto con una scadenza molto ridotta. Tutte le volte che continuerà ad apparire in video, avrà sempre meno smalto e gli atteggiamenti trash aumenteranno sempre di più per tentare di allungare la vita alla sua declinante  maschera. . Il problema principale che hanno   Carlo Cracco e i suoi pard Bruno Barbieri e Joe Bastianich  e che ormai non si distinguono  più dai loro cloni per originalità, qualità e contenuto. Una torta di Benedetta Parodi ha la stessa, scarsa, intensità televisiva di una puntata di Master Chef Italia. Il tempo, poco, sta mostrando le crepe del format Master Chef e questo favorirà il proliferare di una ripetitività  che genera dipendenza ma protratta all’infinito muta in stereotipo e figlia ovvietà.

 Carlo Cracco oggi non merita più tre stelle o tre forchette. Non ha la marcia in più rispetto ai tantissimi chef che reggono interi palinsesti di tv tematiche. E, soprattutto, lui, Barbieri e Bastianich, non son più quei personaggi simpatici dell’esordio e faticano a reggere il confronto con la pletora di cuochi che spadellano in tv dalla mattina alla sera e fanno un intrattenimento televisivo gradevole dispensando ricette e modalità di esecuzione. Loro non hanno la presunzione assurda di essere attrattivi, “cool”, a ogni inquadratura. Non hanno bisogno di cercare lo scontro per un pizzico di sale di troppo. Non si sentono dei divi che dicono mappazzone e vanno in coda a Maria De Filippi e gigioneggiano compagni di merende da Fabio Fazio.

Quei cuochi televisivi giornalieri hanno la ricetta della lunga vita televisiva; lui Barbieri e Bastianich son solo di passaggio in tv. E vedendo Master Chef Italia quattro, direi che il loro passaggio è stato breve, anche se intenso.

Comete spente di un universo clinicamente morto.

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