Sandra Mondaini aveva ragione. La noia
non fa dormire e la vita diventa una naia difficile da sopportare se protratta
verso l’infinito e oltre. Come il Festival di Sanremo iersera.
Travolti dalla barba, i giovani non
possono stare. Corretto farli esibire prima che la noia vera montasse a
dismisura e travolgesse anche chi peli non ne ha e brava lo è davvero come Nina Zilli sempre in
bilico tra una versione 2. 0 di Mina e
una cantante con le palle vere.
C’è ne son volute parecchie ieri per
sostenere una nottata, che ha tradito le promettenti rotondità della prima
serata consegnandoci all’oscurità d’anonimi destini (quella dei giovani appunto),
e alla triste macchietta di quelli che giovani non lo son più da un pezzo, ma
il marketing impone lo siano o almeno lo appaiano.
Neanche a dirlo il restauro è stato
pessimo a tratti allucinante. Il primo a provarci è stato Marco Masini con una
canzone piena di speranza e buone intenzioni. Ma ammettiamolo : se Masini non
fulmina la telecamera a suon di
parolacce e improperi rimane un Marco
qualunque con un microfono in mano e un sopracciglio
in autostrada.
Dove forse è stato raccolto un
irriconoscibile e cadaverico Raf. La sua canzone non ha un buon riff ma
potrebbe farcela. Lui no.
Nella categoria “Piccoli già grandi” al
primo posto schizza di diritto Anna
Tatangelo che dal basso dei suoi ventotto anni potrebbe regalarci quel
brio che a questo scuro Festival sembra scarseggiare ma si presenta con un
vestito così lungo che pare una MILF di 128 anni cui forse non basta un D’Alessio
per sentirsi donna e si propone a un pubblico di vecchi incanutiti e casalinghe
disperate.
Queste sole, credo, possano considerare
lo scalzinato Biagio Antonacci di iersera un super.
Ma se gli altri son piombi il motore
boccheggia e la macchina neuronale si spegne.
Accade così che più che al Festival di
Sanremo 2015, sembri d’assistere a quei vecchi varietà in bianco e nero degli
anni Settanta qualche fotogramma prima dell’avvento del mondo a colori.
Solo così si spiegano e in qualche modo
tollerano I Soliti Idioti. Stolti al
punto da tentare palesemente di riproporre la Canzone Intelligente di Cochi e Renato del 1974. Solo che al
posto del brillante raziocinio proposto quarantuno
anni or sono, dal duo padano Biggio e Mandelli iniettano interminabili minuti di cialtroneria e maleducazione da Italiano Medio restituendoci in un’esibizione quello che il cauto Conti ha tentato inutilmente di nascondere nella luccicante epifania dell’intera manifestazione: un universo bloccato da antiche inquietudini, abile ad autocelebrare il traffico interno, ma quando si apre al mondo di fuori lo fa con le solite innate ritrosie e intime perplessità.
anni or sono, dal duo padano Biggio e Mandelli iniettano interminabili minuti di cialtroneria e maleducazione da Italiano Medio restituendoci in un’esibizione quello che il cauto Conti ha tentato inutilmente di nascondere nella luccicante epifania dell’intera manifestazione: un universo bloccato da antiche inquietudini, abile ad autocelebrare il traffico interno, ma quando si apre al mondo di fuori lo fa con le solite innate ritrosie e intime perplessità.
Così si possono classificare le
beceraggini sui francesi berciate a un certo punto, da tale Angelo Pintus non salvate
dal sermone finale sulla necessità d’esser tutti fratelli e amici.
Quello degli Amici ormai è un programma
di Maria De Filippi basato sull’aspra competizione e l’eliminazione dell’altro.
L’Italia è un popolo suddito. Di ricordi
e sottane, Martini e filati ammiccanti prima che di dittature e slogan audaci. Solo così si spiega e tollera l’imbarazzante
“intervista” del cauto Conti a una bellissima Charlize Theron incalzata più
che dalle soporose interpellanze del Conti, dall’ossessiva incombenza di una
pruriginosa musichetta.
Uno jingle maldestro che ci racconta più
di quanto, le canzoni ci stornellano.
Perché l’Italia è un popolo interrotto, ipnotizzato
dalla curiosità di quello che non può sentire e si accontenta di vedere. Meglio
ancora se già visto da qualche altra parte .
E’ allora vai di brutto calderone con la
versione mignon del trio Pavarotti – Domingo - Carreras . Si chiamano Il Volo e
probabilmente vinceranno loro a me non fanno impennare però . Ma vieni con il
rapper Moreno che dovrebbe andarci giù duro è invece eccolo lì sorridente in
smoking pronto per una riedizione aggiornata di Piccoli fans di Sandra Milo
anno astrale 1984 - 1989.
Son passati venticinque anni un muro è
caduto ma le fondamenta di quest’Italia non son cambiate.
Sanremo ne è l’onesta fotografia. Il presentatore
presenta, le vallette sorridono ma non parlano, una donna con la barba
incuriosisce, un balletto con lacrime finte annesse intristisce (Rocio che volteggia mascara sulla memoria di Mango è da manicomio), e fa adirare è uno jingle ammiccante attizza più di tutti gli spenti cantanti.
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