domenica 1 febbraio 2015

Sergio Mattarella e l'eloquenza del silenzio

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Con Sergio Mattarella eletto  dodicesimo Presidente della Repubblica l’Italia loquace degli ultimi tempi, ha una grande occasione: riscoprire l’eloquenza del silenzio. In molti invece in queste ore, storditi da stormi di pensieri neri, berciano storture tessendo ragnatele di parole che frastornano il senso di una svolta. Quest’ultima, non mette al riparo dalla sferza di nuovi temporali, o la tediosa gazzarra dei partiti, ma a poche ore dalla nascita di un nuovo corso antropico non è giusto esporre un uomo sul patibolo delle frivole propensioni e riflettere invece sul senso intimo di quest’apparente taciturna barriera somatica che rimanda a sopiti acquazzoni, strozzate cantilene nel gorgo della vita.  Ebbene si sappia: il suo silenzio non sarà torpido assenso alle parole taciute di una sponda codarda piuttosto l’urlo che squarcerà le notti come un colpo di mannaia un assurdo velo. Quello dei faccendieri e portaborse che sporcano a più riprese il risvolto nitido di una sudata bandiera. Rispolverando gli occhi assopiti di chi vive in un sogno e non rinuncia all’intenso esprimersi di un sentimento tradito  nel flusso inesausto dei pensieri che si attorcigliano intorno a un palo e sferzano con nuovi tralci il vetro della finestra rivolta sul mondo.

Sergio Mattarella sembra dire: siamo vivi nelle parole che tacciamo. E il suo silenzio ora così criticato è il sangue  del ricordo, non l’oblio che si spaccia per virtù ed è colpa, non la parola detta o scritta, persa appena pronunciata nell’aria o incisa dalla mano sulla carta.
. Senza capire che questa è soltanto la suppurazione degli irrintracciabili, la logica dei dispersi, quella delle lettere accatastate di cui si ignora il mittente, che alla fine della fiera è peggio, molto peggio, di essere anonimi. In tutto questo Sergio Mattarella rappresenta una zona franca dall'appetito  dell'essere.

È una voce sotterranea che ci parla, che ci prende in disparte quando siamo distratti e dice che questo silenzio che intendiamo non è affatto silenzio ma l’unisono delle nostre voci.

Perché lui sarà la nostra voce e noi i suoi figli. E' pur imposto (Renzi lo ha messo lì), non si farà traviare dalla cruda  fiera del disinganno.
O almeno spero.



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