Stamattina il vento scuote le foglie e rinfresca la mia pelle bagnata dal sudore, il cielo non poi così blu come dovrebbe essere. Trent’anni sono tanti, una vita che passa e vola via in un attimo.
La vita di Rino Gaetano è passata via così, come una meteora, come una macchina che sfreccia veloce e si schianta sulla corsia opposta una notte di giugno del 1981.
Rino muore rifiutato da ben cinque ospedali della Capitale (però la malasanità è affare calabrese…) ma la sua voce roca ,il suo fisico allampanato, i suoi denti storti e soprattutto le sue canzoni velate di una sottile ironia che prendevano di mira i personaggi del tempo sono rimaste nell’olimpo della musica leggera italiana.
Rino Gaetano, a differenza di altri autori – Carmine Abate, Saverio Strati - ha avuto il coraggio e la fortuna di far uscire la Calabria dal suo provincialismo; Cetto LaQualunque ha finito per rovinarla del tutto, mettendo in mostra i suoi lati peggiori.
L’università è deserta, sono tutti fuori per il lungo week end; mi siedo accanto a dei ragazzi che fumano e giocano a briscola, il vento scuote ancora le foglie.
Cerco di parlare con loro ma il gap linguistico è enorme; siamo tutti figli della stessa regione ma non riusciamo a capirci. La Calabria è una grande terra martoriata dalla 'ndrangheta, dalla disoccupazione e dal divario grammaticale: un cosentino verrà visto come uno straniero da un catanzarese, un reggino non capirà mai un crotonese. Rino Gaetano è riuscito a riappacificare con i suoi testi cinque province. Cerco un posto migliore dove poter scrivere e lo trovo ai giardinetti della mensa. Un ragazzo cieco e una ragazzina down camminano mano nella mano, sono felici e noncuranti di tutti. Stavolta il cielo è davvero più blu.
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