
«Manca ancora molto per Scalea?» mi domanda all’improvviso. Parlava come cugino Itt ma con due patate bollite infilate nella bocca.
«No, non tanto» le rispondo con la mia solita indifferenza.
Le dieci meno cinque minuti e sono già a Diamante; c’è gente che corre sulla banchina, che attraversa i binari nonostante i divieti. Non capisco tutta questa fretta di fare le cose. Gente che va su e giù per le scale, per i marciapiedi e nelle strade delle città, macchine nel traffico, sotto il sole rovente, parcheggiate in terza fila, persone che si allenano sui tapis roulant o con i vogatori per diventare belli come Raoul Bova, gente che va in discoteca e nei locali il fine settimana. Persone sempre in movimento come tante formiche operaie, tutti servi di un Grande Sistema. Abbiamo perso il vizio di stare fermi anche solo per un’ora, di sdraiarci sul letto e guardare il soffitto pieno di macchie.
«Mio marito dice che sono grassa e che devo dimagrire.»
« Giusto un po’.» le dico per farla stare bene. Aveva finito il panino con la mortadella e ora stava sgranocchiando degli orrendi cracker al formaggio.
«Ma io sono bella dentro, ho un’animo sensibile! Tu ci credi alla bellezza dell’anima?» mi grida inondandomi di saliva.
« Sono tutte cazzate, sei solo una cicciona con dei capelli orrendi e un culone grosso come un elefante! La vedi quella ragazza di fronte a me? È una figa da paura! E tu non sarai mai come lei!»
avrei voluto gridarle questo invece mi limito a dire:
«Boh…»
Mi guarda come offesa, le donne hanno bisogno di rassicurazioni specialmente sul piano psicologico.
Finalmente arriviamo a Scalea, la grassona bionda scende lasciandomi da solo con la ragazza col fuseaux bianco. Riprendo a leggere il giornale quando all’improvviso mi sento chiedere:
« Dove scendi?»
«Alla prossima.»
«Sei favorevole al nucleare?»
«No.»
«Alla privatizzazione dell’acqua?»
«No.»
«Alla riapertura delle case chiuse?»
«Si, tutti hanno il diritto di scopare.» le dico con la massima naturalezza possibile. Se devo scegliere dove passare un’oretta con una squinzia preferisco farlo a casa sua, nel suo letto, piuttosto che nella mia auto.
«Io sono una puttana.» mi dice con un tono di voce basso, vergognandosi del suo stato sociale.
«Lo sospettavo!» ammetto tutto felice.
« Per 50 euro mi vendo anche l’anima!» mi risponde ringalluzzita da un momento di euforia.
«Cazzo, Giuda ha venduto Nostro Signore per 30 denari!»
«Ehhh? »
«Niente, sfumature.» concludo alzandomi in piedi.
Mi affaccio al finestrino e vedo in lontananza il mio paese, un mucchio di case adagiate sulla costa, rifugio sicuro per napoletani squattrinati e cinesi imprenditori. Scendo dal treno e mi fermo quel poco per vederlo scorrere sui binari in direzione nord. Una cornacchia vola gracchiando sopra la mia testa. Di lì a poco avrebbe cominciato a piovere.
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